Cinema Le recensioni di Martina Corvaia

The Warrior – The Iron Claw: la recensione di Martina Corvaia

La famiglia Von Erich in The Warrior - The Iron Claw (Credits: Eagle Pictures)

The Warrior – The Iron Claw, la recensione del film di Sean Durkin con Zac Efron, Jeremy Allen White, Harris Dickinson, Maura Tierney, Stanley Simons, Hot McCallany e Lily James

Da sempre il wrestling è stato un caso studio nel cinema. Registi di un certo calibro hanno portato sul grande schermo storie toccanti, figlie di traumi subiti, sfogati sul ring a suon di pugni. Combattere, assestare un gancio destro, cadere, rialzarsi per alzare la cintura d’oro del campione del mondo è stato e continua a essere un modo per leggere tra le righe un disagio, un turbamento legato il più delle volte a una condizione familiare disastrosa. A partire dalla saga di Rocky di Sylvester Stallone ‒ anni ’70 in poi ‒ passando per Martin Scorsese con il suo Toro scatenato (1980) fino al più recente The Wrestler (2008) di Darren Aronofsky, il wrestler professionista è stato una figura che ha affascinato per il suo stile di vita, la sua forza fisica e la sua psiche scombussolata. La figura del pugile che ha lottato prima per sé stesso, poi per gli altri.

In mezzo alla triade dei “forti e dannati” arriva Sean Furkin (La fuga di Martha, 2011) con il suo profondo e tormentato The Warrior – The Iron Claw.

The Warrior – The Iron Claw ha molto da omaggiare a Rocky Balboa (Sylvester Stallone), Jack LaMotta (Robert De Niro) e Randy Robinson (Mickey Rourke). L’allenamento fisico per mettere su una massa muscolare da far impressione, il modo di combattere sul ring, la voglia di reagire oltrepassando il limite del proprio corpo. Tutti elementi che si incarnano in Kevin Von Erich, muscoloso, taciturno, determinato e plasmato su misura sul corpo di Zac Efron. Una trasformazione fisica da brivido per lui, che ha messo su 18 chili di massa muscolare per entrare in simbiosi con il suo personaggio.

The Warrior – The Iron Claw racconta di un padre e i quattro figli che negli anni ottanta hanno fatto la storia del wrestling. Una famiglia con una maledizione a carico, la devastante tragicità legata al caso Von Erich e il pugilato che scorre nelle loro vene. Addestrati fin da piccoli a lottare dal padre severo e paurosamente autoritario che non vuole sentir dire una parola fuori luogo. Non esistono il benessere della famiglia, i rapporti sociali, il volersi bene tra fratelli. Contano i soldi, lo show televisivo e più di tutto la cintura che decreta il campione del mondo dei pesi massimi a livello mondiale. Ecco il patriarcato che vince su tutto.

Basato su una storia vera, i fratelli Von Erich sono passati alla storia non solo per la loro mossa vincente protagonista di ogni incontro ‒ l’artiglio di ferro, ereditata dal padre ‒ ma anche per la loro sciagura, per il male inferto e assorbito, per il bisogno di essere una famiglia unita, spezzata dalla fredda superbia del padre incapace di captare qualsiasi segnale di caduta emotiva.

C’è un espediente cinematografico che rende The Warrior – The Iron Claw un gioiello prezioso. Sean Durkin, un po’ alla Scorsese, un po’ alla Aronofsky, riprende nei suoi primi piani claustrofobici i soprusi soffocati di Kevin e di tutta la famiglia Von Erich. Una sensazione opprimente che si percepisce fin dalla prima scena in sovraimpressione, con la musica in sottofondo che non smette di accentuarne i tratti più serrati. Sensazione che si dissipa man mano che si scorge il finale brutale, ansiogeno e contemplativo allo stesso tempo. È lì che la pressante macchina da presa dalle inquadrature dal basso si leva in alto come una sorta di movimento catartico. È la liberta di Kevin, dei fratelli Von Erich e della dannazione che si dissolve nel cielo blu di una nuova vita.

VOTO: 9/10

Martina Corvaia

The Warrior - The Iron Claw locandina film (Credits: Eagle Pictures)
The Warrior – The Iron Claw locandina film (Credits: Eagle Pictures)

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