Cinema Le recensioni di Martina Corvaia

The Bikeriders: la recensione di Martina Corvaia

The Bikeriders, la recensione del film di Jeff Nichols con Austin Butler, Jodie Comer, Mike Faist e Tom Hardy

Di film su motociclisti che sfrecciano sulla sella di una moto rombante la storia del cinema ne è piena. Uno fra tanti è Easy Rider – Libertà e paura (Dennis Hopper, 1969), film simbolo della Nuova Hollywood, road movie su due ruote più celebre in assoluto che parla di un viaggio per la libertà sullo sfondo dell’America violenta, intollerante, fatta di pregiudizi senza lieto fine. Non a caso, simile è la storia di The Bikeriders di Jeff Nichols in cui però si tratteggia un ritratto quasi nostalgico dell’America anni ’60 – ’70, con i club in voga, le contese tra bande diverse, i bar notturni, il senso di vendetta che porta con sé una soddisfazione personale ed elegge il capo della città. A vederlo oggi, almeno.

The Bikeriders è un classico del genere. Ispirato all’omonimo fotolibro del 1968 del fotografo Danny Lyon che racconta le vicende del moto club degli Outlaws MC, The Bikeriders tesse le fila di una narrazione tra più personaggi nell’ascesa di un club di motociclisti che nel corso di un decennio da outsiders frequentatori di bar, con la birra in mano e con gli occhi puntati sulle donne, vestiti di un giubbotto di pelle nera, diventano una vera e propria banda, tanto estesa da perdere il conto su quante sezioni interne nel tempo si siano create.

The Bikeriders è una storia raccontata attraverso un botta e risposta tra intervistatore e intervistato: Danny (Mike Faist) segue KathyJodie Comer, brava nel ruolo da moglie che tenta di salvare il suo affascinante Benny ‒ nella sua routine e le chiede di mettersi a nudo. Kathy racconta la sua vita con i Vandals: sposa Benny (Austin Butler), spericolato con la sigaretta in bocca e fedele al leader della banda JohnnyTom Hardy, l’atteggiamento da duro gli dona , gli anni rock & roll passati insieme fino a imboccare una strada sinistra che non apparteneva di certo ai Vandals, nella consapevolezza di chi sono stati e cosa sono diventati.

Continui flashback per costruire una pellicola di vizi, violenza, soprusi ambientata nella Golden age di una banda di motociclisti che con la legge hanno poco a che fare. Gesta che trasudano un certo sguardo maschilista che oggettifica la donna in qualche scena, per essere salvata da qualcuno con le mani calde pronto a fare a botte pur di mostrare i muscoli e far capire chi è che comanda. Una trama classica quella di The Bikeriders, che non aggiunge nulla di nuovo a una messa in scena prevedibile già plasmata altrove.

Certo, è vero che ciò che interessa a Jeff Nichols non è l’epoca d’oro del moto club o le faide tra fazioni in una sfida all’ultimo sangue tra chi si porta a casa il bottino. No, il motivo qui è un altro. Nichols ci tiene a mostrare il conflitto tra l’uomo e la società ‒ tema a cui è molto legato ‒ che lo respinge alla ricerca di una sorta di libertà utopica che non si concretizza mai, anzi: c’è chi rimane ferito, chi ucciso, chi tenta di rifarsi una vita dopo quegli anni passati a dimostrare qualcosa senza valerne la pena. Anche se in quegli occhi azzurri di un grande Austin Butler si percepisce un velo di malinconia, tra uno sguardo magnetico perso nel vuoto e un sorriso verso la donna che ama ancora. E chissà a cosa stava pensando davvero…

VOTO: 7.5/10

Martina Corvaia

The Bikeriders locandina film (Credits: Universal Pictures International Italia)
The Bikeriders locandina film (Credits: Universal Pictures International Italia)

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