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Morta Marina Cicogna, la ‘contessa’ del cinema italiano

ROMA – Ha vissuto come voleva ed è morta come aveva deciso, nel letto di legno che era di sua madre Annamaria, con le zampe di leone intagliate, spedito dalla casa di Venezia a quella di via di Porta Pinciana 34 a Roma. A vegliare su un sonno che nelle ultime settimane si era fatto tormentato e senza pace, un quadro intarsiato con otto scene della tradizione buddista: «Quello sì, molto importante», amava dire. Ma soprattutto è morta con accanto la compagna di una vita, Benedetta, che l’ha vegliata costantemente sostenendo il suo ultimo respiro. Marina Cicogna Mozzoni, 89 anni e una vita da sogno raccontata nel film “Marina Cicogna. La vita e tutto il resto” di Andrea Bettinetti nel 2021 e nel libro “Ancora spero” (Marsilio, 2023), è morta il 4 novembre 2023 nella sua casa vicino a via Veneto, svoltato l’angolo di Largo Federico Fellini, nella toponomastica della fine il riassunto della sua esistenza votata alla Dolce Vita e al cinema.

La carriera
Nata il 29 maggio 1934 dal conte Cesare Cicogna Mozzoni e dalla contessa Annamaria Volpi di Misurata, nipote del conte Giuseppe Volpi di Misurata, veneziano, che nel ’32 inventò la Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, la contessa Marina Cicogna ha respirato cinema fin da ragazzina, quando al Lido si infilava in una delle sale della Mostra per vedere quanti più film possibile. Amica di un bel mondo che con lei scompare definitivamente, da Luchino Visconti a Gianni Agnelli, da Maria Callas ad Aristotele Onassis, Cicogna ha amato uomini e donne, ha avuto un flirt con Alain Delon e una lunga storia con l’attrice brasiliana Florinda Bolkan, che conobbe poco più che ragazzina a una festa in casa di Elsa Martinelli e lanciò nel cinema, dove lei – era la fine degli anni ’60 – aveva cominciato a muovere i suoi passi, prima donna in Europa e forse nel mondo, come produttrice. Sua la firma su film importanti del cinema italiano come “Teorema” di Pier Paolo Pasolini, “Metti, una sera a cena” di Giuseppe Patroni Griffi e “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, che nel ’71 le valse un Oscar che non andò a ritirare a Los Angeles per un’insuperabile paura dell’aereo. Fiera oppositrice delle convenzioni ma anche dei movimenti, ha vissuto la sua sessualità senza mai voler essere incasellata.

Le etichette
«Spesso le persone mi hanno messo delle etichette – aveva raccontato nella sua autobiografia -. Ma la mia vita e le mie scelte parlano per me. Ho vissuto per vent’anni con Florinda, da quasi quaranta vivo con Benedetta. Eppure non ho mai amato le manifestazioni eclatanti della propria sessualità. Considero le parate, e in generale l’ostentazione dei propri orientamenti, come qualcosa di ridondante». Gli amati cani, Minnie e Gipsy, due Volpini di Pomerania arrivati dalla Corea e dalla Russia, fino all’ultimo l’hanno circondata delle loro scorribande. Quando poteva, lei guardava fuori dalla finestra della sua camera, che non ha voluto lasciare per un letto d’ospedale: «Vede lo sguardo come corre libero? – mi ha detto pochi giorni prima di morire -. Nulla è come la libertà che uno ha con questa vista che corre da San Pietro ai Parioli». Il bello della sua Roma, la luce che non ha mai voluto abbandonare.

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