Cinema Le recensioni di Martina Corvaia

La zona d’interesse: la recensione di Martina Corvaia

Una scena da La zona d'interesse (Credits: I Wonder Pictures)

La zona d’interesse, la recensione del film di Jonathan Glazer con Christian Friedel e Sandra Hüller

C’è un limite che divide il reale dal surreale. Un muro costruito sulla zona off limits si affaccia su un giardino ben curato, con tanto di piscina e scivolo per divertirsi. I vicini di casa abitano su un prato arido, dall’odore acre; un cancello chiude le loro vite recintate dal filo spinato che segue la misura del campo. Proprio quel campo. Il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Una fortezza, una villa da sogno per la famiglia nazista che osserva da vicino tutto ciò che succede accanto a loro, tra le voci strazianti dei deportati, maltrattati e uccisi dal fumo del forno crematorio senza battere ciglio. Si scorge la tenda in camera da letto, il panorama davanti è lacerante, rosso sangue, macabro. È il panorama sul muro dell’indifferenza quello che Jonathan Glazer (Under the Skin, 2013) mette in scena in La zona d’interesse.

Nessun regista fino ad oggi si era spinto così oltre. Tutti i film sulla Shoah hanno proiettato nel tempo le condizioni degradanti degli ebrei, costretti a vivere in contesti indicibili, ammassati tutti nei campi per esercitare il potere ariano su di loro. Anche Schindler’s List (Steven Spielberg, 1993), la pellicola più ricordata sul tema, mette in scena l’abiezione ebraica, anche dietro il potere salvifico di Oskar Schindler (Liam Neeson), più umano rispetto ai comandanti militari tedeschi senza cuore. Eppure, Jonathan Glazer gira un altrove desolante, simbolico, progressista, riflessivo da far accapponare la pelle: in La zona d’interesse non è necessario mostrare, vedere con i propri occhi, rendere complice lo spettatore di un’afflizione deleteria da brividi lungo la schiena. Al contrario: il non-visto, il non-mostrare aumenta la percezione uditiva e lascia alla mente il ruolo di immaginare ciò che sta succedendo in quel momento in cui noi stiamo guardando. Il potere delle immagini rivela un orizzonte nero annientato nel visibile e attiva in maniera più significativa la percezione uditivo-cognitiva. Ancora più tetro.

La zona d’interesse ammutolisce. Le parole non servono. È il silenzio che parla. Un silenzio che si mescola alle immagini di una realtà astratta, devastante, animata in qualche scena onirica potente, a tratti inserita nei toni disturbanti di uno sfondo buio che ascolta il flusso della musica e dei suoni in presa diretta ‒ entriamo letteralmente dentro il film ‒. Un punto di vista inedito, hitchcockiano nelle inquadrature del maestro del brivido quello di Glazer che scrive una storia mettendosi dall’altra parte, oltre le parti. Una storia in cui convivono il nazista Rudolf Höß (Christian Friedel), capo di tutte le fazioni belliche tedesche, e la moglie Hedwig (Sandra Hüller) ‒ La Regina di Auschwitz ‒ che adorna una casa che sente propria, come se accanto non ci fosse l’orrore più terribile che si consuma ogni giorno davanti le loro finestre.

Tante domande, qualche opinione. Molti spunti di riflessione che si arrovellano nel bianco e nero e nel colore inframmezzato dall’attualità, forse ancora più raccapricciante. Linee temporali diverse e al contempo continuative. E la totale indifferenza odierna davanti alle vetrine del museo di Auschwitz-Birkenau. Una messa in scena che spazia tra epoche diverse intervallate da immagini destabilizzanti che stuzzicano più l’udito che la vista.

La zona d’interesse ‒ Grand Prix al Festival di Cannes 2023, presentato alla Festa del Cinema di Roma e cinque candidature tra cui Miglior film straniero ai prossimi Premi Oscar ‒ è il buio dentro il recinto della cecità umana.

La sensazione gelida di non saper dare ancora oggi una risposta a quelle azioni efferate passate alla storia permane più vivida che mai.

VOTO: 9/10

 

Martina Corvaia

La zona d'interesse locandina film (Credits: I Wonder Pictures)
La zona d’interesse locandina film (Credits: I Wonder Pictures)

Potrebbero interessarti

Cinema

A Hollywood rischia di bloccarsi tutto

Dopo gli sceneggiatori anche il sindacato degli attori non si è messo d’accordo con gli studios sul contratto La trattativa
Cinema

Il Premio Cipputi 2023 al film Il supplente di Diego Lerman

Va al film Il supplente di Diego Lerman, racconto della difficile esperienza di un insegnante nella periferia di Buenos Aires,