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La mafia di Matteo Messina Denaro sbarca a Venezia: “Iddu” è lui nel film di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza

Iddu” è forse il film più atipico e curioso arrivato in Concorso a questa Venezia 2024, dove l’Italia non pare avere moltissime speranze di vincere alcunché, ma chissà che invece il film di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza non ci riservi qualche sorpresa. Si ride, in modo amaro e talvolta crudele, in questo film gradevole, per nulla banale, non un capolavoro ma sicuramente brillante e coerente.

“Iddu” – la trama
“Iddu” si lega fin da subito al patetico Catello Palumbo (Toni Servillo) che esce dal carcere di Cuneo dopo 6 anni, scontati per essere stato uno dei tanti prestanome al soldo della mafia, in qualità di politico ed amministratore. La situazione in Sicilia è alquanto complicata, c’è molta confusione sotto il cielo, i vecchi patti e le vecchie alleanze sono venute meno. Ne sa qualcosa Matteo (Elio Germano), terzogenito e successore di uno dei più importanti Boss della vecchia guarda, morto da poco. Ridotto ad essere un latitante, nascosto nella casa della moglie di una delle sue vittime (Barbora Bobulova), Matteo cerca di tessere la sua tela, utilizzando i pizzini che la sorella Stefania (Antonio Truppo) fa girare per tutta l’isola. Intanto sulle sue tracce c’è un team dei Servizi Segreti capitanato dal Colonnello Emilio Schiavon (Fausto Russo Alesi) e l’ispettrice Rita Mancuso (Daniela Marra). Catello è stato Padrino di Matteo, ed è grazie a lui che i due sperano di ottenere dei risultati, ma l’ex volpe democristiana cercherà subito di giocare una partita tutta sua.

I registi Fabio Grassadonia e Antonio Piazza

“Iddu” nasce dalla volontà da parte di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza di recuperare la vicenda di Matteo Messina Denaro, l’ultimo vero Boss di Cosa Nostra, di quel suo carteggio di pizzini così personale, intimo e particolare, e costruirvi attorno una trama con cui parlare della cultura della mafia, dei segreti che ancora oggi non trovano risposta. Il tutto però con tono ferocemente ilare, ma non troppo leggero, di fatto l’atmosfera è divisa a metà come il suo racconto: da una parte un ridicolo parassita, dall’altra un feroce e sofisticato boss mafioso, perseguitato da ricordi, solitudine e sogni di potere. Il risultato finale è un film che piace, ha tutto per piacere, ma senza essere eccessivamente accomodante, anzi tra le righe, si legge una presa di posizione netta e decisa verso certi misteri della storia italiana, su quel famoso patto Stato-Mafia di cui ancora oggi si discute tanto. Scritto in modo graffiante e audace, ricco di metafore sulla mentalità mafiosa e siciliana, “Iddu” è un film popolare nella forma ma incredibilmente sfuggente e complesso nella sua semantica.

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