Il racconto di Oppini in questa intervista va assaporato frase per frase  perché  oltre la comicità  rivela un vissuto personale, familiare ed amicale, che vanno oltre…

Buona lettura. CM

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Franco Oppini: che Artista  si sente? In 3 parole…
A Trecentosessanta Gradi.  Sono proprio tre e penso mi rappresentino totalmente perché in tanti anni di attività ho fatto tutto; mi manca il Circo…-(ride)- Conosco Stefano Orfei; prima o poi forse mi invita a far qualcosa.

Oltre alla comicità ho sempre ben rappresentato ruoli drammatici. Per esempio in “Buoni o Cattivi”  lo spettacolo teatrale che sto portando avanti adesso  insieme a Miriam Mesturino e Gino Auriuso, dove vi sono letture di Boccaccio, Andersen, Pirandello, Woody Allen, ed anche tre monologhi di Shakespeare, io interpreto  Shylock, l’usuraio de “Il mercante di Venezia” un’opera  di una bellezza straordinaria. In questo spettacolo c’è tutto quello che io sono. Per me un artista deve essere in grado di far tutto.

La comicità secondo lei, è una dote innata? 

Si, assolutamente si. Una battuta che fa ridere viene spontanea. A me a volte mi viene così, la penso senza rendermene conto. La comicità o c’è l’hai o non c’è  l’hai. È proprio innata.

Dismessi i panni dell’artista, com’è Oppini persona?

Guarda, fra due ore devo andare in giardino a tagliare il prato -(ridiamo).

Franco Oppini con suo fratello, da bambini ed oggi.
Franco Oppini con la moglie Ada Alberti

I valori sono importanti? Quali prova a trasmettere? (Le origini, la propria terra,  l’amicizia,  la famiglia, la fede, l’amore)…

Io sono nato in provincia di Mantova, quando parlo di radici sento che quella è la mia terra. Ricordi ancestrali. I valori penso  siano importanti tutti, certo; la famiglia è il fulcro; sapere che c’è Ada mia moglie, un rapporto che continua indissolubilmente  e mio figlio, è  basilare; e poi gli amici, noi “Gatti”, è confortante. A casa ritrovo i miei hobby, ho la mia 500 storica ed un giorno pensa un po’, una fotografa è riuscita a sorprendermi con una battuta; complimentandosi per l’auto mi ha detto  che belli, “la storia, nella storia”! -(ridiamo)- In pratica sono sempre attivo. Sai quando mi riposo? Quando sono in tournée!

Una lunga carriera certo  ricca di tante soddisfazioni. C’è qualcosa nel  vissuto ad oggi che non è ancora riuscito a realizzare ma a cui tiene fortemente? O meglio, quali sono i Sogni  che  sente di aver già  realizzato e quelli ancora nel cassetto?

No, ho sempre cavalcato l’onda; ho fatto tutto non ho tenuto chiuso nel cassetto nulla. Piuttosto in alcuni momenti ho preferito rinunciare,  allontanarmi anche dalla TV. Ci sono ad esempio alcuni programmi che a mio avviso scarseggiano di contenuti ed a volte scadono nel trash. Mi hanno proposto spesso di fare il GF  e “Isola dei famosi” e ti dirò, se ci fossero più  contenuti, sia con presenze qualificate, tipo Sgarbi (vedi Mughini presente lo scorso anno) sarebbe interessante farlo, certo insieme ai giovani affinché sia vario, ma non trash. Poi, da quando recito Shakespeare mi sono talmente appassionato che vorrei fare un’intera Commedia. Ecco questo è  un desiderio, sarebbe una gioia.

Il Cinema, il Teatro, la Tv oggigiorno a suo parere hanno ancora un pubblico di appassionati? 

Sono alcuni anni in cui il Cinema si sta risollevando devo essere sincero, ho notato questo. Ricordo un periodo invece in cui era divenuto troppo scadente con volgarità  continua e gratuita. In quel periodo  mi sono volutamente allontanato.

La Tv generalista ha perso il pubblico dei giovani perché si sa, oggi con internet  usufruiscono più delle piattaforme. Inoltre perché in Tv fanno sempre le stesse cose. E poi, vuoi mettere Shakespeare  con “pomeriggio di qua, mattina di la…”

Quali differenze nota nel sistema Artistico in genere tra le produzioni italiane ed estere?

Differenze sostanziali anche legate ai finanziamenti dei progetti. Sono investiti più  capitali e quindi i prodotti possono essere più  curati nei dettagli. Ci sono serie americane con grandissimi attori. Certo non è  solo questione  di budget ci vuole anche la validità  di un progetto e quello ovunque. In Italia  per esempio quando è stato prodotto Gomorra fu un successo, nonostante fosse sottotitolato perché  la recitazione  era totalmente  in napoletano stretto. Ed in quel caso più che corretto. Non condivido invece quando si parla  con inflessioni dialettali incomprensibili ove non necessario.

Totò, i De Filippo, Troisi,  Boldi, Villaggio, Verdone, Banfi, Sordi,  Benigni,  Buccirosso, Siani, Salemme, Zalone e molti altri. Personalità  diverse ma con un filo conduttore: Artisti con alla base la comicità. Chi apprezza di più? 

Non mi piace fare classifiche… poi non mi sembrerebbe corretto. Quindi non dirò chi apprezzo, sono amico di tutti; diciamo che mi piace  il comico che mi spiazza. Carlo Verdone mi fa ridere. Ci sono altri che non mi interessano. Totò è, e rimane, il Principe in tutti i sensi, un grande  a 360 gradi. Era più moderno di tanti comici di oggi.

Oggi va di moda il tema sulla Intelligenza Artificiale applicata ovunque, quindi anche nel campo artistico. Non condivisibile?

Giustamente. Come hanno fatto in America, che si sono rivoltati! perché se cambi una scena cambiando i dialoghi con AI e ai grandi attori gli fai dire un’altra cosa…

Il rischio di vedere un suo “clone” tecnologico la preoccupa? 

Io vorrei essere il clone di Geoge Clooney, con il suo fascino che ha mantenuto  nel tempo. Lo abbiamo  visto alla Biennale  di Venezia con Brad Pitt (troppo bello, per cui  con il passare degli anni sembra un bambolottone -ndp-)…..invece a differenza  di quest’ultimo George è sempre affascinante. Voglio essere George!   

(ridiamo, soffermandoci sulla spontaneità  di come tira fuori le battute…grazie alla sua comicità innata).

Complimenti  per il suo recente lavoro, il libro “Chiedile chi erano “I GATTI DI VICOLO MIRACOLI”  Un titolo particolare…

Questo titolo è una parafrasi del noto titolo della canzone degli Stadio dove si invitava a chiedere ad una ragazza di 15 anni chi erano i Beatles. Siccome durante una conversazione con un ragazzo a cui spiegavo che ero uno dei Gatti di Vicolo  Miracoli, lo stesso  era rimasto basito  non avendoci  mai sentito  nominare, mi è venuta in mente quella canzone; stessa situazione, i giovani  di oggi non sanno molto degli Artisti del passato. Quindi ho pensato fosse appropriato. Il sottotitolo poi è  “Conversazione  poco seria con Paolo Silvestrini” che ha fatto alcune interviste a vari personaggi come Gianandrea Gazzola, Diego Abatantuono che ha contribuito con la prefazione, e altri. Ci sono varie testimonianze, Ada Alberti, Maurizio  Costanzo (tratta dal ns Lp, forse il primo, dove ci aveva dedicato un commento), Carlo Verdone che abbiamo citato, di Alba Parietti, di nostro figlio Francesco che ha vissuto l’intera storia…un bel lavoro. La foto della copertina con noi 4 sulle strisce pedonali richiama quella più nota dei “fantastici 4, i Beatles”. È  voluta! perché i veri siamo noi! -(ride divertito)-

Perché  dopo tanto tempo ha voluto raccontare del Gruppo con cui ha iniziato la sua avventura artistica? (ricordiamo che i “Gatti di Vicolo Miracoli” hanno calcato le scene ininterrottamente dal 1971 fino al 1985  con Umberto Smaila, Jerry Calà, Ninì Salerno e Franco Oppini)

Non è  stato facile dopo 55 anni ricordarsi degli inizi, i primi incontri, il lavoro insieme…Nelle interviste di Paolo abbiamo visto che ognuno dice la propria, le versioni non collimano perché  ciascuno ricorda quel periodo  a modo proprio, per come lo ha vissuto e ciò è interessante  perché  vero. Il libro ha una fluidità accattivante perché ognuno racconta la sua verità nel proprio modo, anche  giocandoci…  Ecco diciamo che sono stato il primo a scriverlo ed ho trovato grande collaborazione da tutti. È un bel modo di ritrovarsi. Una caratteristica nostra,  per divertirci e soprattutto  per tramandare  la nostra storia  e di quanti vi hanno partecipato, nel tempo.

È  noto che il nome Gatti di Vicolo Miracoli è riferito alla via dove risiedeva una Casa di Appuntamenti… come mai?

Era noto quel Vicolo, vero, per questo e perché c’era la sede dell’Agenzia delle Entrate; dicevamo che in un caso o nell’altro da quella via si usciva tutti in mutande.

Avevamo scritto una canzone delle nostre, allegra  che si chiamava Vicolo Miracoli  ed il suono ci sembrava giusto, leggero. Come tutte le nostre canzoni ad esempio  “Capito?!”  un vero tormentone. Anche se vorrei far notare che i testi  non erano così  superficiali, anzi. Ricordo ad esempio la nostra canzone “La leggenda della donna inventata dall’uomo” che fu adottata da un gruppo di femministe, inconsapevoli che fosse  nostra. La usavano nei loro convegni ed eventi come testo di lotta femminista. Quando ci hanno sentito cantarla a teatro ci hanno chiesto perché cantavamo un loro brano. Abbiamo dovuto far vedere loro il nostro  LP (il disco 33 giri dell’epoca) dove campeggiavano i nostri nomi. Si sono convinte.

Per noi scegliere quel nome per il gruppo è stato naturale, azzeccato, ci rappresentava bene.

I Gatti di Vicolo Miracoli agli inizi della carriera-anni 70-80

Il rapporto, nel tempo con gli altri  membri del gruppo, dopo averlo sciolto? 

È  rimasto bello, dopo il primo  scossone subito dopo lo scioglimento. Potevamo mantenerlo anche sporadico perché  funzionava sempre, ma non lo abbiamo fatto. Ognuno ha preso la sua strada. Un po’ di dispiacere per un gruppo storico è ovvio, c’è stato. Però negli anni ci siamo sempre incontrati, mantenendo un buon rapporto. Con Jerry  siamo amici da sempre.  All’Arena di Verona abbiamo festeggiato  i suoi 70 anni. Quest’anno in giugno abbiamo fatto  “Umberto Smaila & Friends” un reincontro a Verona insieme ad Ale e Franz, Valeria Marini, Max dei Fichi D’India, cantanti, amici; un bel momento.

Torniamo ad Oppini: Qual’è la domanda che nessuno le ha mai fatto e che avrebbe voluto le fosse rivolta? 

Premetto che a volte mi sento come se forse non ho avuto quello che avrei meritato di avere…

Mentre in Teatro mi è stato facile ed ho potuto fare tutto, dal serio al semiserio ai  ruoli drammatici, nel Cinema avrei voluto, vorrei ancora, interpretare qualche ruolo  serio, importante, in un film drammatico. Se non è ancora successo è forse perché  non ci pensano (a chiamarmi); i produttori hanno sempre i loro sottomano <<“questo funziona”>>; o forse per pigrizia, perché certi produttori, sceneggiatori o registi non vanno a vedere in Teatro quanti bravi attori, anche giovani, ci sono, veri talenti straordinari, che meritano.

Quindi la domanda è questa: “Ma come mai? Perché  nessuno si è  accorto? Perché nessuno non l’ha ancora  scelta per un ruolo drammatico?”

….e cosa risponde….

Peggio per loro!

Franco Oppini: a chi pensa di voler dire un semplice Grazie?

A mia madre, ai miei genitori… anche a mio figlio, perché  fin da piccolo mi ha insegnato molto, la semplicità, la pazienza, la giocosita’ che serve anche agli attori (guarda Jim Carry, con le sue smorfie, è rimasto un bambino). Quindi ringrazio mio figlio Francesco e anche Alba (Parietti), sua madre che ha contribuito, naturalmente. Ma principalmente il mio grazie assoluto va a mia moglie Ada. Perché siamo insieme da tanto tempo e mi ha stabilizzato molto, in tutto.

Oppini con il figlio Francesco

Ed io ringrazio moltissimo  lei  per questa bellissima  e “solare” intervista. Interessante, leggera e ricca di contenuti. 

Ad Maiora Semper!