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Buon compleanno Sergio. Castellitto soffia sulle 70 candeline

ROMA – Sergio Castellitto, attore e regista tra i più popolari della sua generazione, festeggia oggi, 18 agosto i suoi primi 70 anni, marcati da un’adolescenza brillante da autodidatta, una bellissima carriera cominciata da figurante nel 1981 con due film opposti (“Tre Fratelli” di Francesco Rosi e “Carcerato” di Alfonso Brescia) proprio mentre otteneva i primi successi a teatro con maestri quali Aldo Trionfo ed Enzo Muzii, un felice sodalizio artistico e sentimentale con Margaret Mazzantini, la soddisfazione del figlio Pietro oggi in concorso come regista alla Mostra di Venezia.

Atletico, posato, istrionico, riflessivo, cangiante, coerente sono tutti aggettivi che gli si addicono a conferma di un percorso professionale in cui non si è mai accontentato del semplice successo per sorprendere ogni volta un pubblico più vasto. Se sul grande schermo ha restituito soprattutto se stesso con prove magistrali come il suo “Non ti muovere” (2004) premiato dal David di Donatello al miglior attore, in televisione si è abbandonato spesso al più virtuosistico trasformismo, dall’affilato profilo di Fausto Coppi al saio di Padre Pio, dal volto tormentato di “Drake” Ferrari alla tonaca di Don Milani, dalla seriosità compunta di Aldo Moro all’uniforme del Generale Dalla Chiesa.

Romano di famiglia molisana, Sergio Castellitto (classe ’53) abbraccia la passione per il teatro da subito, iscrivendosi all’Accademia Silvio D’Amico, ma il carattere ribelle e la passione per la scena lo portano piuttosto nei circoli dell’arte povera e nei teatrini off. Sposa Margaret Mazzantini nel 1987 dopo aver diviso con lei il palcoscenico in “Le tre sorelle” di Checov. Avranno quattro figli e lei sarà la musa che conduce per mano il marito dietro la macchina da presa fin dal debutto con “Libero Burro” (1989) in cui Margaret firma la sceneggiatura insieme a Sergio. A quella data però Castellitto è già un volto noto del cinema italiano e della tv. Come attore si è imposto fin da “Sembra morto…ma è solo svenuto” di Felice Farina (1985), “La famiglia” di Ettore Scola (1987) e “Tre colonne in cronaca” di Carlo Vanzina (1990) con cui vince il suo primo David. Come volto televisivo raggiunge il successo nello stesso anno con la prima serie di “Un cane sciolto” di Giorgio Capitani. Tra grande e piccolo schermo iscrive oggi il suo nome in un centinaio di titoli, con grandi soddisfazioni anche lontano dall’Italia, dall’incursione americana de “Le cronache di Narnia” (2008) in cui vestiva i panni regali di Miraz alle ripetute presenze nel cinema francese d’autore. Qui a scoprirlo è Luc Besson con “Il grande blu” (1988), ma è Jacques Rivette a valorizzarlo fin da “Chi lo sa?” (2000) e poi “Questione di punti di vista” nove anni più tardi.

Tra i grandi registi italiani che hanno trovato in lui un interprete ideale vanno ricordati Marco Ferreri (“La carne”), Giuseppe Tornatore (“L’uomo delle stelle”), Ettore Scola (“Concorrenza sleale”), Gianni Amelio (“La stella che non c’è”).
Ma la sua versatilità si dimostra anche sul versante più leggero sui set di Carlo Verdone, Gabriele Muccino, Mario Monicelli, Giovanni Veronesi, Paolo Virzì con cui ottiene un grande successo personale in “Caterina va in città” (2003). Ci sono però due cineasti che hanno segnato la carriera di Sergio Castellitto: dapprima Francesca Archibugi che ne ha fatto il tormentato protagonista de “Il grande cocomero” (1993) per poi ritrovarlo in “Con gli occhi chiusi”; in seguito Marco Bellocchio che ne ha fatto una sorta di alter ego in “L’ora di religione” (2002) e nel successivo “Il regista di matrimoni” (2006).

n tutte queste occasioni l’attore ha mostrato il suo lato più doloroso e intenso. Ma è forse nel meno considerato “Il tuttofare” (2018) di Valerio Attanasio che ha potuto gestire un talento capace di cambiare da una scena all’altra, colorando di suo l’avvocato traffichino e spregevole Toni Bellastella definito da Francesco Alò “un mostro dall’irresistibile carisma grazie alla sublime performance del suo interprete”. La stessa, inesauribile energia si ritrova nel Castellitto regista che, sempre con Margaret accanto (molte volte ispirandosi ai romanzi della Mazzantini), ha firmato a oggi sette film tra cui -oltre a “Non ti muovere”- è bello ricordare almeno “Nessuno si salva da solo”, “Fortunata” (premiato a Cannes) e nel 2021 “Il materiale emotivo”.

Nato sotto il segno del Leone, mascella quadrata, profilo imponente, capelli scuri (ora argentati), sorriso e gentilezza sempre sottobraccio, voce vellutata (è stato doppiatore per “Persepolis”), il “mite” Sergio è anche uno dei rari attori italiani (insieme a Toni Servillo) che hanno osato misurarsi con Eduardo De Filippo nella bella trilogia napoletana ripresa da Edoardo De Angelis e con cui ha raccolto molti consensi in tv, al pari della serie “In Tratment” da un format israeliano. Di recente lo abbiamo applaudito nei panni di Gabriele D’Annunzio” (“Il cattivo poeta”) ma soprattutto in quelli di Giovanni Boccaccio nel convincente “Dante” di Pupi Avati. A casa gli fanno compagnia i molti premi vinti (tra cui il Pardo d’onore di Locarno nel 2013 e l’ordine al merito della presidenza della Repubblica nel 2022), ma il regalo più bello gli giunge dal figlio Pietro, promettente regista che accompagna a Venezia come interprete di “Enea”.

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