Cinema Le recensioni di Martina Corvaia

Borderlands: la recensione di Martina Corvaia

Borderlands recensione film di Eli Roth con Cate Blanchett, Kevin Hart, Jack Black, Édgar Ramírez, Ariana Greenblatt, Florian Munteanu, Gina Gershon e Jamie Lee Curtis (Credits: Eagle Pictures)

Borderlands, la recensione del film di Eli Roth con Cate Blanchett, Kevin Hart, Jack Black, Édgar Ramírez, Ariana Greenblatt, Florian Munteanu, Gina Gershon e Jamie Lee Curtis

Se pensiamo per un momento a Pandora ci viene in mente un film dispendioso ‒ e molto ‒, uno di quelli che rimangono impressi nella memoria per gli effetti speciali, il brillante cast che presta la voce e il corpo a personaggi in CGI e il regista che colleziona gli incassi maggiori nella storia del cinema: Avatar di James Cameron.

Tuttavia, se nella prima e nella seconda pellicola del kolossal di fantascienza cameroniano Pandora è un pianeta dove gli avatar imparano ad adattarsi alla vita degli umanoidi giganti su un mondo primordiale ignoto, non si può dire lo stesso del Pandora dipinto da Eli Roth (Thanksgiving, 2023): un luogo abbandonato alle macerie, caotico, popolato da esplosivi in ogni dove in grado di far saltare in aria lembi di terra come fossero giocattoli, e mercenari ingaggiati per portare a termine una missione a qualsiasi costo.

Basato su una delle serie di videogiochi più venduta di tutti i tempi, in Borderlands non c’è solo un’eroina con gli occhi azzurri e i capelli rosso fuoco pronta a salvare la patria dal cattivo più temibile. Il film di Eli Roth va letto ‒ meglio ancora visionato ‒ tra le righe: amicizia, sacrificio, esserci l’uno per l’altro quando tutto sembra crollare sotto i piedi sono alcuni dei valori dominanti a cui si aggiunge la salvezza. Non dell’universo e il suo destino già scritto nel firmamento, ma di princìpi veri per i quali combattere in nome della pace, in questa o in quella vana speranza. In un ambiente fantasy creato su un videogame in cui a tratti sembra di essere dentro un Hunger Games di Suzanne Collins con i mostri che popolano l’arena sotterranea, una squadra inusuale di eroi
bizzarri ‒ spicca un robottino saputello, chiacchierone, dotato di uno spirito tale da strappare una risata in più scene (Jack Black) ‒ sconfigge una specie aliena che vuole impadronirsi di uno dei segreti più pericolosi di Pandora. Serve la chiave per aprire la porta dell’altra dimensione: il colpo di scena arriva, ahimè senza nessun scalpore.

Prevedibile ‒ fin troppo ‒ che trascina un finale poco atteso. È Lilith (Cate Blanchett), una sorta di abile samurai cacciatrice di taglie con una pistola del futuro come katana che colpisce tutti i bersagli, a muovere le fila di tutta la storia: il passato misterioso intervallato da continui flashback sulla sua infanzia cadenza la narrazione audiovisiva. È qui il turning point del film che lo stravolge, lo alimenta, segna la svolta letterale mantenendosi nel limite descrittivo, senza osare troppo.

Borderlands è un film coinvolgente, divertente, con un senso dell’humour ben tratteggiato che resta nella mente degli spettatori ma lì rimane intrappolato: dentro la pellicola, oltre non si va avanti. E di tutti gli eroi più strampalati, il senso empatico di Cate Blanchett ‒ ringiovanita con trucco e parrucco ad hoc ‒ (ri)nasce dalle sue ceneri con ali da angelo, accompagnato dal dialogo loquace del robot più intelligente di un essere umano ‒ è la tecnologia ventura che già ci sta sovrastando? ‒. Poteva azzardare Eli Roth, aggiungere qualcosa di nuovo, inaspettato, leggendario addirittura. Non accade, la storia è quella: inizia e finisce senza un minimo di suspense. È un’illusione cinematografica che spalanca le porte a un nuovo cosmo ma resti incastrato mentre lotti per uscirne vivo: benvenuti in Borderlands.

VOTO: 7/10

Martina Corvaia

Borderlands locandina ufficiale (Credits: Eagle Pictures)
Borderlands locandina film (Credits: Eagle Pictures)

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