Peppino Impastato è stato un uomo coraggioso. Un detentore del peccato per chi si oppone alla mafia, perché “mafia” è Bibbia, Luce, Verità.
Si è fatto portatore di un peccato di omissione e ribellione a quella “fede” millenaria che radica le persone e le famiglie all’obbedienza e all’omertà.
Peppino era un uomo comune che aveva nel cuore la rivoluzione della giustizia. Era un uomo disarmato e le uniche armi che indossava erano le sue parole e la sua capacità di farsi ascoltare: “lui” sapeva aggregare, sapeva convertire i pensieri dei suoi compaesani dall’obbedienza obbligata a pensieri di libertà e giustizia.
La sua Bibbia: la Costituzione. Il suo partito: la democrazia e l’ugualianza.
Gli hanno messo il bavaglio prima che potesse candidarsi a capo di un partito. Lo hanno ucciso e fatto esplodere nell’aria nel giorno del ritrovamento del corpo dell’onorevole Aldo Moro. Tutto previsto e calcolato: volevano far tacere anche la stampa e la gente lo doveva dimenticare.
Non ci sono riusciti. Impastato è ricordato e il suo giustiziere è stato incarcerato.
Da oggi quando parleranno della morte di Aldo Moro, il 9 maggio 1978, io non mi dimenticherò quei “cento passi”, che separavano l’abitazione di un uomo coraggioso da quella del suo carnefice.